lunedì 21 ottobre 2013

La banalità della violenza

Mi chiamo Andrea, ho trent'anni e sono un anarchico. Oggi è sabato e scendo in strada a fare un po' di casino perché è arrivata l'ora di farsi sentire.

Mi chiamo Michele, ho trent'anni e sono un poliziotto. Oggi è sabato e scendo in strada perché me lo hanno ordinato; oggi c'è manifestazione
e devo tutelare l'ordine pubblico.

Mi chiamo Davide, ho trent'anni e sono un attivista di CasaPound. Oggi è sabato e scendo sotto la sede, ché ci sono le zecche che sfilano qua vicino ed è ora di farci sentire anche noi.

Mi chiamo Filippo, ho trent'anni e sono un giornalista. Oggi è sabato, c'è manifestazione; scendo in strada sperando di poter portare immagini interessanti al mio capo.

Mi chiamo Luigi, ho cinquant'anni e sono caporedattore di un giornale. Oggi è sabato e finalmente è arrivata la manifestazione; sono giorni che spero che il mio giornalista mi porti immagini interessanti.

Mi chiamo Mario, ho cinquant'anni e sono un esponente politico. Oggi è sabato e finalmente è arrivata la manifestazione; grideranno slogan contro di noi, ma non ci sarà possibilità di parlarne; faranno il solito casino e alla gente rimarrà solo il tempo di lamentarsi dei violenti alle manifestazioni.

Mi chiamo Flavio, ho cinquant'anni e sono un abitante di Roma. Oggi è domenica e ieri c'è stata manifestazione; ho avuto molta paura di tornare a casa co' tutti quei black block accampati a Porta Pia. Ma possibile che tutte a Roma le devono fa 'ste cose?

Mi chiamo Adele, Giovanni, Luca e Federica e sono un insegnante precario, una ragazza madre, un abitante della Val di Susa. Sono un bambino di Niscemi, un rifugiato siriano, una cittadina di Sedriano, di Seveso, di Giugliano in Campania. Oggi è domenica e ieri sono sceso in strada a gridare la mia protesta; eravamo in tanti a manifestare, gridavamo forte, ma nessuno si è accorto di noi: erano tutti indaffarati a fare altro.

Nessun commento:

Posta un commento