Conobbi Don Gallo una sera qualunque, d'estate anni fa. Ero in macchina e ascoltavo Radio Popolare; il giornalista era una voce familiare, l'interlocutore ancora no. Parlava di temi come la solidarietà, la giustizia sociale e l'uguaglianza fra i popoli e mai mi sarei aspettato che ci fosse un prete dietro quelle parole (all'epoca il mio anticlericalismo adolescenziale mi portava ad avere qualche pregiudizio sulla categoria).
Da lì cominciai a seguire i suoi discorsi, ad ammirarne il coraggio in ogni sua apparizione pubblica; man mano che Don Gallo diventava famoso prendeva sempre più piede quell'odioso e infame gioco mediatico secondo cui la bontà delle azioni di un uomo viene cancellata da un presunto desiderio di visibilità.
Ma con Don Gallo non ha mai funzionato, per un motivo semplicissimo: un uomo che per sessant'anni ha vissuto e lavorato all'interno di un sistema che lo voleva esattamente opposto a come egli è non si fa di certo scalfire da queste pochezze intellettuali.
Ma non mi illudo che tutti abbiano capito questa sua forza: mi aspetto già il cretino di turno, domani, che non perderà l'occasione di spalare ancora un po' di merda sulla lapide di uno dei personaggi più straordinari che questo Paese abbia avuto.
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