martedì 31 gennaio 2012

Cittadinanza italiana ai figli degli immigrati: un problema attualissimo.


Tutto iniziò contestualmente alla nascita del governo Monti, nel Novembre del 2011, quando il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sollevò il problema: “Mi auguro che in Parlamento si possa affrontare anche la questione della cittadinanza ai bambini nati in Italia da immigrati stranieri. Negarla è un'autentica follia, un'assurdità. I bambini hanno questa aspirazione” disse Napolitano. Gli fece eco, immediatamente, il segretario del Partito Democratico Bersani che definì una vergogna il fatto che queste persone, nonostante pagassero le tasse in Italia e frequentassero scuole italiane, si trovassero in una situazione giuridica confusa, senza sapere più che fossero.

Il nodo della questione risiedeva (e risiede) nella legislazione italiana, secondo cui lo status di cittadinanza si acquisisce in virtù del cosiddetto “ius sanguinis” e non dello “ius soli”. Una persona, può, in pratica, diventare a tutti gli effetti cittadino italiano solo se uno dei due genitori possiede già la cittadinanza e non per essere nato in territorio italiano (come vorrebbe il principio dello “ius soli”).

Le parole di Napolitano scatenarono la protesta della Lega Nord che, con alcuni esponenti del Pdl promisero “barricate in parlamento e nelle piazze” se l'idea del Presidente della Repubblica avesse intrapreso un iter legislativo. D'accordo con le parole di Napolitano si schierarono, invece, PD, IDV, FLI, UDC e Sinistra Ecologia e Liberta, il partito di Vendola, secondo cui “I bambini e le bambine dei migranti non sono figli di un Dio minore”.

In seguito al deciso intervento di Napolitano, il senatore del Pd Ignazio Marino depositò un disegno legge firmato da 113 senatori (appartenenti al Pd, Idv e alcuni del Terzo Polo) che intendeva assegnare la cittadinanza ad ogni nato in Italia indipendentemente da quella posseduta dai genitori.

In questi giorni il tema è tornato alla ribalta. Beppe Grillo, dalle colonne del suo blog, ha stupito tutti definendo “senza senso” la cittadinanza automatica ai bambini che nascono in Italia da genitori stranieri e bollandola come un argomento utile solo a distrarre l'opinione pubblica dai problemi reali del Paese. Tant'è.

Varie associazioni, nel frattempo, hanno messo in piedi un campagna di raccolta firme a favore di una riforma della legge del 1992 , quella che assegnava la cittadinanza in base al principio dello “ius sanguinis”; una riforma che permetta il passaggio (come avviene in molte parti del mondo, Francia in primis), alla concessione della cittadinanza per nascita.

Anche molti comuni hanno preso a cuore la questione decidendo autonomamente di assegnare lo status di “cittadino onorario” ai propri residenti nati in Italia da genitori stranieri.

Domenica scorsa è intervenuta sulla questione, alla trasmissione di Fabio Fazio “Che tempo che fa” anche il ministro dell'interno Annamaria Cancellieri, la quale si è detta contraria all'istituzione dello “ius soli” nel nostro Paese perchè creerebbe le condizioni di far nascere in Italia bambini da tutto il mondo”; si è mostrata favorevole, invece a una cittadinanza che “derivi da un insieme di fattori. Se un bambino è nato in Italia, i genitori sono stabilmente in Italia e magari ha già fatto parte degli studi qua ed è inserito, allora credo sia giusto”.

A parlar chiaro, per ora, rimangono solo i numeri, secondo i quali gli stranieri minorenni residenti in Italia si aggirano intorno alla cifra di un milione. Di questi, i due terzi sono nati nel nostro Paese e vi hanno sempre vissuto.

Dati importanti se, realisticamente, si tiene in considerazione che questi sono numeri destinati a crescere e per i quali, prima o poi, qualche provvedimento dovrà essere preso.

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