Se tutti quelli che dicessero "No, domani non vado a votare alle primarie, ma se dovessi andare voterei Giuseppe Civati. Peccato che sia del Pd" domani andassero a votare Civati, a questo punto Civati sarebbe già stato eletto segretario prima del voto, talmente so' tanti questi.
Ma siccome questi domani non andranno a votare Civati, segretario del #PD sarà Matteo Renzi e Civati rimarrà con la piva - anzi, la Civa - nel sacco; con pochi voti effettivi, ma con tanta gente che dice: "No, non ho votato alle primarie, ma se avessi dovuto, avrei votato per Giuseppe Civati. Peccato che sia del Pd".
Son soddisfazioni, caro Civati, lo capisco. Ma con le soddisfazioni non si cambia un Paese. Quand'è che comincerai a dire: "Bè, il mio momento di gloria l'ho avuto... ora è arrivato il momento del fare (cit.) e ne fondo un altro, di partito"?
Lascia che alla prossime primarie siano i sostenitori di Fioroni a dire: "E' un brav'uomo, peccato sia del PD".
sabato 7 dicembre 2013
mercoledì 20 novembre 2013
La vanvera - Lara Comi
Lara Comi ha tipo tre, quattro mila pagine su Facebook; d'altronde è una che comunica molto bene attraverso i social network (non è vero, è un falso complimento); anche in televisione la vediamo spesso esprimere (?!) le sue opinioni. Ora le manca solamente imparare a comunicare col suo cervello prima di fare certe figure, come quella che ha fatto oggi.
I fatti: l'europarlamentare che tutta Europa ci invidia stamattina ha partecipato ad Agorà, su Rai Tre. Si parlava di ciò che è successo ieri in #sardegna e la "più bella che intelligente" (cit.), a parte aver lanciato una spaventosa e velata minaccia a tutti i saronnesi ("Se fossi sindaco..."), ha bacchettato una famiglia di Arzachena perché colpevole, a suo dire, di non conoscere l'abc operativo di queste situazioni ("manca l'educazione") e di essersi quindi rifugiati in uno scantinato.
Tutto molto opportuno e intelligente (...), peccato solo che quella famiglia, in quello scantinato, ci viveva.
Per dimostrare ancora meglio che il wi-fi interno era totalmente disattivato ha poi cercato di rimediare dicendo che lei, se fosse sindaco, non permetterebbe mai di "costruire determinate costruzioni solo in cambio di una manciata di voti".
Tutto molto bello, peccato solo che non più tardi di qualche mese fa il suo partito abbia provato a reintrodurre il condono ediilizio, oltre a quelli riusciti degli anni prima, si intende.
lunedì 18 novembre 2013
Come in gita di terza media. #glocal13
Ho avuto la fortuna, quest'anno, di partecipare come social media reporter (che paroloni) a Glocal, il festival del giornalismo digitale e locale, a Varese.
Sono stati giorni frenetici fra convegni, workshop, parole, foto, tweet e retweet, cioccolatini e spostamenti vari. Giorni di veloci incontri e di piacevoli conoscenze, in cui il "mi raccomando, rimaniamo in contatto" aveva davvero il sapore della sincerità.
Ora tutto è finito, svanito. Sul treno del ritorno mi sono ritrovato a pensare a quei giorni come si faceva al termine di una gita, alle medie, con tanta stanchezza addosso, molto divertimento alle spalle e la pressante voglia di raccontare a chiunque quello che hai vissuto.
Non pensavo di essere ancora in grado di emozionarmi in questo modo, o comunque non mi ricordavo come si facesse.
Fosse anche solo per questo motivo, voglio ringraziare con questo post tutti coloro che hanno reso possibile questa pappardella di miele qui sopra, a partire dall'intera redazione di VareseNews, in primis Marco Giovannelli e Silvia Giovannini che hanno deciso di fidarsi quasi alla cieca di noi.
Un grazie speciale - l'ennesimo - va a Donata Columbro e David Mammano, infaticabili assistenti, a Jack Dorsey e all'intero Social (dream) Team, costituito dalle fortunatissime (ad avere me come unico collega maschio, ovvio)Alice, Michela, Roberta, Sara e Lucia... ah no, scusate: Beatrice, Monica, Francesca, Chiara e Silvia.
Un saluto speciale alla mamma che mi sta guardando da casa.
E, mi raccomando... teniamoci in contatto! ;)
Sono stati giorni frenetici fra convegni, workshop, parole, foto, tweet e retweet, cioccolatini e spostamenti vari. Giorni di veloci incontri e di piacevoli conoscenze, in cui il "mi raccomando, rimaniamo in contatto" aveva davvero il sapore della sincerità.
Ora tutto è finito, svanito. Sul treno del ritorno mi sono ritrovato a pensare a quei giorni come si faceva al termine di una gita, alle medie, con tanta stanchezza addosso, molto divertimento alle spalle e la pressante voglia di raccontare a chiunque quello che hai vissuto.
Non pensavo di essere ancora in grado di emozionarmi in questo modo, o comunque non mi ricordavo come si facesse.
Fosse anche solo per questo motivo, voglio ringraziare con questo post tutti coloro che hanno reso possibile questa pappardella di miele qui sopra, a partire dall'intera redazione di VareseNews, in primis Marco Giovannelli e Silvia Giovannini che hanno deciso di fidarsi quasi alla cieca di noi.
Un grazie speciale - l'ennesimo - va a Donata Columbro e David Mammano, infaticabili assistenti, a Jack Dorsey e all'intero Social (dream) Team, costituito dalle fortunatissime (ad avere me come unico collega maschio, ovvio)
Un saluto speciale alla mamma che mi sta guardando da casa.
E, mi raccomando... teniamoci in contatto! ;)
giovedì 7 novembre 2013
Il triste indovinello del pendolare romano
C'era una volta un pendolare romano, tutto casa-lavoro-legalità.
Ogni giorno il pendolare romano prendeva l'autobus per andare da casa sua al lavoro.
Un giorno su quell'autobus salirono i controllori e, di conseguenza, scesero tutti coloro che il biglietto, quel giorno, si erano 'dimenticati' di obliterarlo.
Ma lui no. Il pendolare romano, il biglietto, lo aveva sempre nel portafoglio e non mancava mai di obliterarlo (povero, non conosceva l'esistenza dell'abbonamento).
Sicuro di sé stesso, il pendolare romano rimase l'unico sull'autobus, pronto a dar dimostrazione ai controllori che lui, il biglietto, ce l'aveva e ce l'aveva pure obliterato, come tutti i giorni da tredici anni a questa parte.
I controllori allora, gli si avvicinarono e gli chiesero il biglietto.
E fu così che il pendolare romano si fece 5 anni di prigione.
Perché?
(liberamente ispirato da qui)
Ogni giorno il pendolare romano prendeva l'autobus per andare da casa sua al lavoro.
Un giorno su quell'autobus salirono i controllori e, di conseguenza, scesero tutti coloro che il biglietto, quel giorno, si erano 'dimenticati' di obliterarlo.
Ma lui no. Il pendolare romano, il biglietto, lo aveva sempre nel portafoglio e non mancava mai di obliterarlo (povero, non conosceva l'esistenza dell'abbonamento).
Sicuro di sé stesso, il pendolare romano rimase l'unico sull'autobus, pronto a dar dimostrazione ai controllori che lui, il biglietto, ce l'aveva e ce l'aveva pure obliterato, come tutti i giorni da tredici anni a questa parte.
I controllori allora, gli si avvicinarono e gli chiesero il biglietto.
E fu così che il pendolare romano si fece 5 anni di prigione.
Perché?
(liberamente ispirato da qui)
lunedì 4 novembre 2013
Denuncia per furto
- Buongiorno, vorrei sporgere una denuncia.
- Che tipo di denuncia?
- Una denuncia per furto.
- Un furto... E di cosa?
- Del cielo.
- Mi scusi?
- Del cielo! Ce l'hanno rubato.
- Ce l'hanno rubato, a chi?
- A noi, a tutti. Se lo sono portati via,
piano piano, e ora non c'è più.
- Lei mi prende in giro.
- Assolutamente no. Perché, lei lo vede?
- Bè, effettivamente no... ma da qui a
sostenere che ce l'abbiano rubato...
- E invece è andata proprio così; ce
l'hanno portato via.
- E chi sarebbe stato a portarcelo via? E
perché?
- Bè, queste cose non le so, dovreste
scoprirle voi, sono qui apposta.
- Ha ragione... metta una firma qui per
favore.
lunedì 21 ottobre 2013
La banalità della violenza
Mi
chiamo Andrea, ho trent'anni e sono un anarchico. Oggi è sabato e
scendo in strada a fare un po' di casino perché è arrivata l'ora di
farsi sentire.
Mi chiamo Michele, ho trent'anni e sono un poliziotto. Oggi è sabato e scendo in strada perché me lo hanno ordinato; oggi c'è manifestazione e devo tutelare l'ordine pubblico.
Mi chiamo Davide, ho trent'anni e sono un attivista di CasaPound. Oggi è sabato e scendo sotto la sede, ché ci sono le zecche che sfilano qua vicino ed è ora di farci sentire anche noi.
Mi chiamo Filippo, ho trent'anni e sono un giornalista. Oggi è sabato, c'è manifestazione; scendo in strada sperando di poter portare immagini interessanti al mio capo.
Mi chiamo Luigi, ho cinquant'anni e sono caporedattore di un giornale. Oggi è sabato e finalmente è arrivata la manifestazione; sono giorni che spero che il mio giornalista mi porti immagini interessanti.
Mi chiamo Mario, ho cinquant'anni e sono un esponente politico. Oggi è sabato e finalmente è arrivata la manifestazione; grideranno slogan contro di noi, ma non ci sarà possibilità di parlarne; faranno il solito casino e alla gente rimarrà solo il tempo di lamentarsi dei violenti alle manifestazioni.
Mi chiamo Flavio, ho cinquant'anni e sono un abitante di Roma. Oggi è domenica e ieri c'è stata manifestazione; ho avuto molta paura di tornare a casa co' tutti quei black block accampati a Porta Pia. Ma possibile che tutte a Roma le devono fa 'ste cose?
Mi chiamo Adele, Giovanni, Luca e Federica e sono un insegnante precario, una ragazza madre, un abitante della Val di Susa. Sono un bambino di Niscemi, un rifugiato siriano, una cittadina di Sedriano, di Seveso, di Giugliano in Campania. Oggi è domenica e ieri sono sceso in strada a gridare la mia protesta; eravamo in tanti a manifestare, gridavamo forte, ma nessuno si è accorto di noi: erano tutti indaffarati a fare altro.
Mi chiamo Michele, ho trent'anni e sono un poliziotto. Oggi è sabato e scendo in strada perché me lo hanno ordinato; oggi c'è manifestazione e devo tutelare l'ordine pubblico.
Mi chiamo Davide, ho trent'anni e sono un attivista di CasaPound. Oggi è sabato e scendo sotto la sede, ché ci sono le zecche che sfilano qua vicino ed è ora di farci sentire anche noi.
Mi chiamo Filippo, ho trent'anni e sono un giornalista. Oggi è sabato, c'è manifestazione; scendo in strada sperando di poter portare immagini interessanti al mio capo.
Mi chiamo Luigi, ho cinquant'anni e sono caporedattore di un giornale. Oggi è sabato e finalmente è arrivata la manifestazione; sono giorni che spero che il mio giornalista mi porti immagini interessanti.
Mi chiamo Mario, ho cinquant'anni e sono un esponente politico. Oggi è sabato e finalmente è arrivata la manifestazione; grideranno slogan contro di noi, ma non ci sarà possibilità di parlarne; faranno il solito casino e alla gente rimarrà solo il tempo di lamentarsi dei violenti alle manifestazioni.
Mi chiamo Flavio, ho cinquant'anni e sono un abitante di Roma. Oggi è domenica e ieri c'è stata manifestazione; ho avuto molta paura di tornare a casa co' tutti quei black block accampati a Porta Pia. Ma possibile che tutte a Roma le devono fa 'ste cose?
Mi chiamo Adele, Giovanni, Luca e Federica e sono un insegnante precario, una ragazza madre, un abitante della Val di Susa. Sono un bambino di Niscemi, un rifugiato siriano, una cittadina di Sedriano, di Seveso, di Giugliano in Campania. Oggi è domenica e ieri sono sceso in strada a gridare la mia protesta; eravamo in tanti a manifestare, gridavamo forte, ma nessuno si è accorto di noi: erano tutti indaffarati a fare altro.
mercoledì 22 maggio 2013
Il prete degli ultimi, l'ultimo dei Preti
Conobbi Don Gallo una sera qualunque, d'estate anni fa. Ero in macchina e ascoltavo Radio Popolare; il giornalista era una voce familiare, l'interlocutore ancora no. Parlava di temi come la solidarietà, la giustizia sociale e l'uguaglianza fra i popoli e mai mi sarei aspettato che ci fosse un prete dietro quelle parole (all'epoca il mio anticlericalismo adolescenziale mi portava ad avere qualche pregiudizio sulla categoria).
Da lì cominciai a seguire i suoi discorsi, ad ammirarne il coraggio in ogni sua apparizione pubblica; man mano che Don Gallo diventava famoso prendeva sempre più piede quell'odioso e infame gioco mediatico secondo cui la bontà delle azioni di un uomo viene cancellata da un presunto desiderio di visibilità.
Ma con Don Gallo non ha mai funzionato, per un motivo semplicissimo: un uomo che per sessant'anni ha vissuto e lavorato all'interno di un sistema che lo voleva esattamente opposto a come egli è non si fa di certo scalfire da queste pochezze intellettuali.
Ma non mi illudo che tutti abbiano capito questa sua forza: mi aspetto già il cretino di turno, domani, che non perderà l'occasione di spalare ancora un po' di merda sulla lapide di uno dei personaggi più straordinari che questo Paese abbia avuto.
Da lì cominciai a seguire i suoi discorsi, ad ammirarne il coraggio in ogni sua apparizione pubblica; man mano che Don Gallo diventava famoso prendeva sempre più piede quell'odioso e infame gioco mediatico secondo cui la bontà delle azioni di un uomo viene cancellata da un presunto desiderio di visibilità.
Ma con Don Gallo non ha mai funzionato, per un motivo semplicissimo: un uomo che per sessant'anni ha vissuto e lavorato all'interno di un sistema che lo voleva esattamente opposto a come egli è non si fa di certo scalfire da queste pochezze intellettuali.
Ma non mi illudo che tutti abbiano capito questa sua forza: mi aspetto già il cretino di turno, domani, che non perderà l'occasione di spalare ancora un po' di merda sulla lapide di uno dei personaggi più straordinari che questo Paese abbia avuto.
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